
Vivono in Piazza Cavour numerosi fantasmi. Sono figure che si stagliano in sovrimpressione sul tessuto urbano. Non sono spaventosi; il loro compito è far brillare una piazza ormai opaca attraverso una smerigliatura di malinconica dolcezza.
ITINERARIO NOSTALGIA
Piazza Cavour
Il primo fantasma ad imporsi allo sguardo ammaliato di chi ricorda è il pozzo, là dove ora c’è uno scorcio davanti al bar; un occhio che scrutava contemporaneamente le umide viscere del terreno e l’immensità impalpabile del cielo, la cui palpebra è ora abbassata, cucita, cementificata. I muri inconsistenti e spettrali della gelateria all’angolo diventano tangibili per Gianpiero, che ancora riesce a scorgere le altolocate fanciulle milanesi a cui fece pagare l’atteggiamento altezzoso in un’estate lontana: vede il fantasma di sé stesso mettere mano al cofano della loro Cinquecento, si guarda poi proporsi di aiutarle quando, salite in auto dopo il gelato, si accorgono che qualcosa non va nel motore, si osserva mentre ripara il suo stesso danno, e poi, accennando alla necessità di una verifica, sale alla guida e parte, incurante delle grida delle ragazze. Ride vedendosi ritornare nello stesso punto, l’auto parcheggiata poco lontano, e le milanesi che gli raccontano di come un ladro abbia portato via la loro Cinquecento, senza nemmeno riconoscere in lui l’autore del furto tanto sconvolgente. Dai lati opposti della piazza si guardano con aria di sfida i fantasmi dei due fruttivendoli, cugini e rivali, mentre la porta d’ingresso dell’edicola si sovrappone all’architettura evanescente del bar-trattoria dei nonni di Laura, con la sua sala biliardo e quella con la televisione, polo centripeto per il vicinato. Il fascino fatiscente dell’edificio che accoglie il viaggiatore in piazza, con le sue persiane cadenti e il balconcino in ferro battuto, si riempie di colori, sapori, voci, corsie e borse della spesa ricolme: il “supermercatino della Matilde” traspira ancora tra quelle mura screpolate. Atomi incorporei si sovrappongono alle facciate delle case che chiudono il giardino della Madame, si saldano tra loro, disegnano la sagoma della villa da cui esce proprio lei, la Madame, al volante della sua balilla fantasma, in un viaggio che si riavvolge su se stesso, seguendo le curve sinuose di una memoria trasognata.


L’osteria, il luogo magico dove c’era la tv
Laura Giorgetti
Una tradizione mai interrotta: la torta papina
Laura Giorgetti







“Nel bar dei miei nonni si riunivano tutti i papà della zona, a giocare a carte o a biliardo, ma anche le famiglie a guardare la televisione”
Laura Giorgetti
Questo luogo è presente anche nei seguenti itinerari:
